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UGO CRISCUOLO

 

Premessa

alla ristampa del 

Cenno storico-descrittivo della città di Castellammare di Stabia

di Catello Parisi

(1999)

 

 

Il Cenno storico-descrittivo della città di Castellammare di Stabia di Catello Parisi (1815-?), 'fotografa' Castellammare di Stabia negli anni centrali del secolo XIX, verso la fine di quello che è finalmente riconosciuto come l'ultimo periodo felice della città, prossima alla capitale dell'antico Regno e con Caserta e Gaeta residenza di riposo dei Borbone. Dicevamo l'ultimo periodo felice; potremmo anche dire gli ultimi, irripetuti e forse irripetibili, anni di prosperità per la città parca e operosa che viveva del suo porto, fra i maggiori del Regno, del suo commercio, dei suoi cantieri navali, delle sue terme con le tante acque che Parisi orgogliosaniente elenca e descrive —quelle acque che egli, leggiamo, nei giri in barca lungo la costa, vedeva sgorgare da tante piccole sorgenti e fluire e confondersi gorgoglianti nel mare—, di fabbriche e fabbrichette, dei doni di una campagna ferace e benedetta, non ancora distrutta dalla speculazione edilizia e dall'abbandono. Una Castellammare onesta e dignitosa, di cui il Nostro va fiero e di cui noi abbiamo da tempo smarrito la memoria. Abbiamo detto che tutto ciò era reso possibile anche dall'intimo legame della dinastia regnante con Castellammare. All'epoca della mia fanciullezza, negli anni Cinquanta, i nostri vecchi raccontavano ancora aneddoti che risalivano, attraverso i loro padri e i loro nonni, a cent'anni prima: il re Ferdinando II che, quando si portava o lasciava il palazzo di Quisisana, s'intratteneva familiarmente con la povera gente del Caporivo e ne ascoltava i bisogni a cui sovente soccorreva, che donava statue alle chiese e non faceva mancare il suo contributo, e talora la sua partecipazione, alle solennità religiose più care al nostro popolo e innanzitutto a quella di San Catello; Francesco II, che mostrava a un diplomatico straniero da una finestra dello stesso palazzo di Quisisana l'incantevole golfo avvolto nel sole abbagliante dell'ardente agosto del 1859 ed esclamava di regnare sulla terra più bella del mondo. 

II libro di Parisi sembra ora richiamarci un'età fiabesca; invero, dicevamo, esso 'fotografa' una Castellammare che è ancora in gran parte riconoscibile, la nostra Castellammare del centro antico, del cuore della memoria, con le sue strette vie e vicoli, con le sue chiese e cappelle quasi schiacciate fra le case, sfuggite come per miracolo alla distruzione del tempo e all'incuria di generazioni ingrate; quel centro antico che tuttora, se percorso e interrogato con la voce silente della nostalgia —soprattutto nelle umide e fredde sere d'inverno e nell'oscurità che stranamente ne vivifica i colori e la suggestione— pare parlarci e invitarci a ritrovare noi stessi. E poi la descrizione ci porta nella zona collinare, in luoghi purtroppo abbandonati al degrado, sottratti alla vera vita della città, ma sempre cari a chi, per ragioni generazionali, ancora li ricorda come immersi in un dolce sogno d'incanto nell'ora del meriggio estivo: Quisisana, Scanzano, Pozzano e la sua Basilica, le Botteghelle, la Sanità e così via. 

Il Cenno storico-descrittivo non è soltanto una bella guida turistica. C'è dell'altro. L'autore delinea l'antica vicenda della città, si districa agevolmente fra leggenda e storia, conosce e descrive con una certa padronanza tecnica antichissimi resti della città greca e di Stabiae, che è già in parte quella 'riscoperta' in età più recente, ci parla della città risorta dopo la distruzione del 79 d. C., ci conduce alle soglie del Medioevo, da Stabiae a Castellammare di Stabia: difetta naturalmente l'impostazione critica e approssimativi sono gli apparati, che tuttavia abbiamo voluto lasciare inalterati. Parisi però non voleva fare scienza, ma solo dimostrare il suo grande amore per la bella e nobile città natale, confessato nelle pagine iniziali con uno stile che vuole essere aulico anche attraverso imitazioni letterarie talvolta ingenue, che testimoniano tuttavia la discreta cultura di un figlio dell'età romantica alla periferia dell'Europa. 

Non ultima ragione del fascino del libro è il mistero che circonda gran parte della vita di Parisi, di cui è possibile dire ben poco: nato il 9 settembre 1815 in via del Duomo (ora via Sarnelli) da padre «muratore» —in realtà pare che sia stato qualcosa come un moderno imprenditore edile—, è probabile che abbia potuto permettersi, per le condizioni familiari, una formazione certamente rilevante per i tempi e disporre di libri. In una sua lettera superstite del 9 aprile 1848 alla «Giunta elettorale» del Comune, egli, protestando per essere stato escluso dalle liste elettorali (si era all'anno delle costituzioni, alla 'primavera dei popoli'), si dichiara «professore di belle lettere, autore e direttore di varie opere che hanno meritato la pubblica approvazione, membro corrispondente di molte società scientifiche e letterarie e segnatamente della Società Economica di Molise, del Gabinetto di storia naturale di Siracusa». Poco dopo, una comunicazione del sotto intendente del Distretto di Castellammare in data 18 aprile 1848 conferma la nomina, pur provvisoria in attesa del «novello ordinamento», del Nostro a maestro di matematiche nella Scuola nautica comunale, incarico affidatogli ufficialmente con decreto del 4 giugno 1848. Ma già dall'aprile 1846 una commissione comunale l'aveva votato primo di una terna di idonei a quell'incarico. Suddito leale della dinastia, quale appare ancora dal Cenno storico-descrittivo, Parisi aveva già matura nello stesso 1848 la sua conversione liberale: il 3 aprile giurava fedeltà a Ferdinando II quale alfiere della terza compagnia della Guardia nazionale di Castellammare e prendeva parte attiva nei modesti moti che qui si ebbero a eco della giornata napoletana del 15 maggio, culminati in una sorta di zuffa serotina, al Largo della Fontana Grande sede del quartiere della Guardia nazionale, fra la numerosa turba realista e i pochi generosi rivoluzionari. Da antiche memorie apprendiamo che il «maestro di matematiche» avrebbe capeggiato nell'occasione una schiera di giovani liberali stabiesi, che, elusa la sorveglianza del comandante della piazza di Castellammare generale Busacca, sarebbe mossa verso Napoli, ma sarebbe stata costretta a rientrare poiché l'esercito regio aveva provveduto a bloccare le strade. Arrestato, dové essere ben presto rilasciato, se, come visto, appena nel giugno assumeva l'incarico di insegnamento. Ma continuava a coltivare la sua fede liberale. Dalla documentazione finora reperibile appare che nei mesi di marzo e aprile 1850 fu tenuto lontano dall'insegnamento «per legale impedimento» e che fu assente in tal periodo dalla città —più tardi, a destituzione avvenuta, chiederà e otterrà il pagamento delle «mesate» che aveva verosimilmente anticipate al suo sostituto. Infine, il 12 giugno 1850 il sotto intendente comunicava al sindaco la superiore disposizione di allontanare il maestro Parisi dall'insegnamento: «l'ex-maestro di matematiche», ricevuta l'umiliante notizia il successivo giorno 13, scriveva al sindaco la dignitosa e rassegnata lettera in avanti riprodotta, restituendo per interposta persona «la chiave della cattedra» e offrendo «al Signore quest'altra durissima pruova» della sua sventura. 

In mancanza, o nella reticenza, di documentazione ufficiale sugli eventi successivi, non resta che ricorrere ancora alle antiche memorie, che vogliono il Nostro coinvolto nella congiura "carbonara" che faceva capo a Ferdinando Cosenza, venditore di dolciumi con negozio nei pressi della chiesa del Purgatorio, in rapporto —pare— con il movimento antiborbonico siciliano. Cosenza, avvertito di essere stato scoperto dalla polizia, ingerì del veleno la sera del 30 novembre 1850 per timore di essere costretto, una volta arrestato, a tradire i suoi compagni. Ma la polizia mise comunque le mani sui congiurati e Parisi fu fra gli arrestati. In seguito riescì a sostituire la prigionia con la residenza coatta nella capitale in una con i suoi compagni, «dopo di aver ciascuno sborsato un'importante somma ai venali agenti del governo»1. Quel che poi seguì è ancora per lo più misterioso: è verosimile che l'appesantirsi della repressione (siamo nel tempo dell'arresto di Luigi Settembrini e del clamoroso processo per la setta dell'Unità Italiana), abbia indotto Parisi a mettersi in salvo, rifugiandosi, non sappiamo per quali strade e quali mezzi, in Africa settentrionale, mèta di esuli fin dal secolo precedente e all'epoca possedimento francese. La morte per lui non dové tardare a venire: lo dimostra il suo mancato ritorno, nel 1860 a seguito della costituzione concessa nel giugno da Francesco II o successivamente, quando il Regno e la dinastia ebbero fine. Se è lecito avanzare un'ipotesi, potrebbe essere stato vittima delle epidemie e della siccità che afflissero Bona sul finire del 18522

Il Rotary Club di Castellammare di Stabia ridona quest'antico libro alla Città, alla vigilia del nuovo secolo e del nuovo millennio, augurandosi che la rivisitazione delle memorie possa far ritrovare quel forte vincolo di continuità col passato, che anni di degrado e di fiducia insensata in ingannevoli «magnifiche sorti e progressive» sembrano avere definitivamente e sciaguratamente infranto. 

 

 

 

NOTE

1 Cfr. M. SALVATI, Castellammare di Stabia dal 1848 al 1860, Napoli 1910, pp. 18 s. La testimonianza di Salvati si basa su fonti orali e, se di certo animata da pregiudizio antiborbonico, sembra però essere nella sostanza confermata da quanto deducibile dalla documentazione d'archivio circa Parisi. D'altra parte, il coinvolgimento di Parisi nelle cospirazioni liberali è già prima attestato da R. ALTAVILLA, Castellammare di Stabia, Napoli 1881, pp. 203-204, che fornisce l'unico, per ora, termine cronologico ante quem per la morte del Nostro a Bona, in Algeria (cfr. p. 204: «A capo di quegli animosi accorse a mettersi il fervido patriota Catello Parisi; il quale più tardi, fieramente perseguitato, esule, ramingo, moriva a Bona in Africa»). 

2 Cfr. la notificazione in data 28.XII.1852 del console del Regno delle Due Sicilie in Algeri I. Garrou: «Le notizie provenienti da Bona riportano l'enorme numero di morti per la continua diffusione di epidemie e per la mancanza di piogge. La salute pubblica ad Algeri continua ad essere ottima» (L'Algeria nei documenti dell'Archivio di Stato di Napoli. Fondo Affari esteri (1782-1862). I, a cura di Anna Bozzo, Roma-Napoli 1992, p. 292). 

 

(Da: C. PARISI, Cenno storico-descrittivo della città di Castellammare di Stabia, Castellammare di Stabia - Napoli, Rotary Club di Castellammare di Stabia - M. D'Auria Editore, 1999, pp. VII-XII)

(Fine)

 

 STABIANA (Iosephi Centonze Paginae)

 

 

Le Note editoriali di Giuseppe Centonze al «Cenno storico-descrittivo»

La Presentazione di Catello Salvati del «Cenno storico-descrittivo»

 

 

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